Tuesday, November 21, 2017

Lifestyle -- Medical care

Let’s consider one important aspect of Japanese society and somewhat lifestyle: let’s delve into the medical care system in Japan. 

First of all, everyone in Japan must have an health insurance, which is provided either by the government or by the company one works for and insurance conditions vary depending on the monthly premium paid. This translates, in general, to a 70% reduction on the costs incurred at every medical visit or consultation (the rest is covered by the insurance).

Now, there are two kinds of receiving bodies: hospitals and clinics. Unless there’s an emergency and ambulances involved, people seeking medical attention go to a clinic first. Clinics are usually ran by a specialist (Japan has few general medicine doctors and tons of specialised ones), are smaller than a hospital, and are often named after the principal (so if the doctor’s name is Suzuki, the place will be called Suzuki clinic). They mostly look like business offices, as they have business hours, holidays, and such. If doctors in the clinic can’t treat the patient, they will send the person to the most suited place (together with a referral letter), be it hospital or other clinic. Visiting hospitals directly without referrals is possible, but if not for emergencies it results in a huge first-time handling fee.

Like everything else in Japan, be it a clinic or a hospital, the business-like organisation and efficiency are top notch. There is a check-in area, where pink uniformed mono-lingual, mono-tasking female operators handle your files, your insurance, your appointments, and redirect you to the appropriate visiting room and later, after whatever procedure or consultation, your payments. They always dismiss patients with a mechanical お大事に (odaijini, or get well soon) greeting, regardless. Classical music played in the background (one even had a creepy auto-playing piano) seems to be the only option. One hospital I once visited had a tremendous amount of secretaries at the reception area: one at the information desk, one that handled first-timers, one that handled others, one that handled payments, and….one that provided slippers to all visitors before entering the hospital (as if one couldn’t change into slippers by fetching them oneself). And because in that hospital there was a second check-in area on the floor right above, patient files circulation was optimised by the use of a rail system that disappeared between floors delivering the stuff. A medical files rollercoaster woohoo! The Japanese are always one step ahead.

Patients are mostly received by appointment, sometimes even for going there the first time one has to make one. First-timers are handed a clinic/hospital card (each place has their own), which will be shown together with the insurance card at every subsequent visit to speed up the check-in process. Indeed, some of those cards have memory, keeping track of all your history of visits and payments. What’s surprising is that most of those places store all their patients information on paper, like in the dear old archiving days. And the swift secretaries know how to find everything quick, better than a computer algorithm. 

It is rare to find clinics and hospital with english-speaking doctors, let alone english speaking nurses. Their check-in forms, where they record all symptoms and personal info, even when translated into English are of no use (oftentimes I either tick boxes randomly or leave them all blank).

Also, getting prescription drugs is a fun experience. Once at the pharmacy, the customer gets the exact number of pills or other medication calculated based on the doctor’s indication, and with the weirdest dosage (like, three pills each time, three times a day…wtf), without packaging but put into separate ziplock bags…no more extra antibiotics, but lots of extra plastic to throw away…

Take care people!

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Andiamo a parlare di un aspetto importante della società giapponese e anche del lifestyle: addentriamoci nei meandri del sistema sanitario nipponico.

Innanzitutto, ogni cittadino in Giappone deve avere una assicurazione medica, o nazionale o privata a carico dell’azienda per cui si lavora. Le condizioni e i servizi ottenibili variano in base al tipo di assicurazione, ma in generale l’utente paga solo il 30% dei costi metre il resto e’ coperto dall’assicurazione.

Ci sono due tipi di strutture, cliniche e ospedali. A meno che non ci sia una vera emergenza, chi ha bisogno di cure si reca in clinica. Le cliniche sono in pratica piccoli ospedali, di solito gestite da un medico specializzato (ci sono pochi dottori di medicina generale e molti specializzati in Giappone) da cui prendono il nome (quindi se il direttore e’ un certo Suzuki, la clinica si chiama Suzuki). All’apparenza sono come uffici, con orari di apertura, ferie, chiusure, eccetera. Se un dottore in una clinica non ha modo di curare un paziente, lo raccomanda (tramite lettera scritta) o a un’altra clinica o ospedale. Andare direttamente all’ospedale senza raccomandazione e’ possibile, ma il conto da pagare come prima visita e’ salato.

Come per tutto il resto in Giappone, o clinica o ospedale, l’organizzazione e l’efficienza sono al top. C’e’ un’area accettazione dove operatrici in uniformi rosa, monolingue, mono-funzione trattano dati, assicurazione, appuntamenti dei pazienti, li indirizzano alla stanza per la visita e, dopo, organizzano il pagamento. Congedano poi sempre tutti con un お大事に (odaijini, o buona guarigione), a prescindere. Poi, pare che la sola opzione disponibile in quanto a intrattenimento sia musica classica. Una volta sono stata in un ospedale in cui c’era un esuberante quantità di segretarie: una al banco informazioni, una per gestire i nuovi clienti, una per gestire gli altri, una per i pagamenti, e… una per semplicemente passare le ciabatte ai nuovi arrivati (come se uno non lo potesse fare da solo) prima di entrare nell’ospedale. Tra l’altro, sempre in questo ospedale, c’erano due banchi accettazione, su due piani e quindi per ottimizzare la circolazione delle cartelle dei pazienti c’era un sistema di binari che scompariva tra i piani, dove un carrellino porta documenti faceva da spola come nelle montagne russe. Sempre un passo avanti sti giapponesi.

I pazienti vengono in genere ricevuti per appuntamento, anche per la prima volta. Ai clienti nuovi vengono date delle tessere (ogni ospedale ha la sua) che poi verranno utilizzate dalla volta successiva per velocizzare le operazioni di accettazione. Molte di queste tessere consentono infatti di memorizzare lo storico delle visite e dei pagamenti. Quello che sorprende, poi, e’ che la maggior parte di queste strutture archiviano tutte le informazioni sui pazienti su mezzo cartaceo. Le alacri segretarie poi si preoccupano di estrarre le cartelle giuste, a una velocità da far invidia a metodi computerizzati.


E’ raro trovare cliniche o ospedali in cui i dottori parlano inglese, e non parliamo poi delle infermiere. I loro moduli di accettazione, dove vengono selezionati sintomi e varie informazioni utili, anche quando sono tradotti in inglese sono praticamente inutili, tanto che io spesso o scelgo a caso oppure lascio tutto vuoto.

Anche andare a prendere dei farmaci prescritti dal medico e’ una avventura: in base alla prescrizione, il farmacista consegna il numero esatto di pillole o altra medicina suggerite del medico, che considerano il dosaggio e la durata della cura (che poi, tipo…tre pillole alla volta, tre volte al giorno…che dosaggio e’?), sfuse ma conservate in differenti buste di plastica..per la serie, niente antibiotici di scorta, ma un sacco di plastica di cui disfarsi…

Occhio, gente!

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