Saturday, June 4, 2011

Comfort zone



Domanda che mi si chiede spesso ultimamente riguarda la mia permanenza in Giappone. Nessuno capisce perche' mi ostino a vivere in un posto cosi lontano, cosi pericoloso-geofisicamente parlando, cosi diverso, cosi ostile...soprattutto se penso a cosa, in primo luogo mi ha portato qui piu di 4 anni fa.
Ci ho pensato anche io, a dire il vero, e mi chiedo le stesse domande da sempre. Chissa' poi se c'e' una risposta.

In primo luogo, del Giappone ci si innamora. Voglio dire, se non si hanno preconcetti in testa, se non si hanno idee a priori su tutto cio' che la cultura e la societa' rappresentano, allora ci si innamora. Non so ben spiegare come cio' possa accadere, e' cosi'. Ma non ci si innamora dei giapponesi, almeno non io. Quello va oltre le mie possibilita'. I giapponesi infatti sono amabili se considerati come societa', come sistema. Ma quando si considera ogni persona come entita' a se, allora si sbatte ripetutamente contro un muro duro e spesso. Questo vale per molti, ma non per tutti. Gente di mentalita' piu' o meno aperta, infatti, se ne trova dappertutto nel mondo.

Tutte le mattine mi sveglio, con calma intraprendo la mia routine quotidiana, posso prendermela comoda perche' la flessibilita' che ho e' tanta, le ferie pure (paragonate agli standard giapponesi, intendo). Lo stipendio mi consente di vivere per conto mio, viaggiare spesso, visitare la famiglia in Italia e in Australia ogni anno, uscire la sera, concedermi dei capricci. Negli ultimi anni la qualita' dei progetti assegnatami e del lavoro in se e' migliorata, le responsabilita' anche, di conseguenza, e la competenza e la crescita professionale ora sono riconosciute e valutate positivamente. Il carico di lavoro c'e', ma tutto questo benessere deve pur avere un prezzo...
In generale pero', le vantaggiose condizioni di lavoro sono quelle a cui, una volta abituati, e' piu' difficile rinunciare.

Il Giappone e' un paese sicuro, nel senso della delinquenza e della malavita. Seppure le cose losche succedono, non vanno a intaccare la serenità del cittadino in alcun modo. Qui posso permettermi di viaggiare da sola in lungo e in largo, posso andare in giro la notte senza fare brutti incontri, posso lasciare le mie cose lungo il ciglio della strada e le ritroverei ancora li.
Il Giappone e' un paese dove i servizi si pagano cari (amministrazione, trasporti, burocrazia, ecc), ma funzionano a regola d'arte.

Il fatto di essere in un paese come il Giappone mi consente anche di giocare la carta della non padronanza lingua: difficile imparare il giapponese, anche i giapponesi stessi lo confermano, quindi per qualsiasi cosa posso sempre sperare nella bonta' altrui. Il che e' e rappresenta comunque anche un fattore di frustrazione non indifferente, visto che comunque c'e' sempre implicita la consapevolezza che conoscere il giapponese aiuterebbe non poco. Anche a socializzare di piu. E a risolversi i problemi da soli, questioni amministrative e burocratiche incluse.

Tirando le somme, tanti sono i pro. Magari altrettanti i contro. Eppure in questo altalenare secondo me, e' semplicemente l'inerzia che decide da che parte far pendere la bilancia.

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Lately I am often asked about my stay in Japan. No one understands why I am so convinced in living in a so far, dangerous-geophysically speaking, different, hostile country…..especially if I think of what, 4 years ago, took me here.
I've been thinking about it too, and I ask myself the same questions ever since. I wander whether there's an answer.

First of all, one falls in love with Japan. I can't really explain how that happens but it's how it is. But one can't fall in love with the Japanese, not me at least. That's beyond my capabilities. The Japanese, in facts, are lovable if considered as a whole, a system, a society. But when each person is considered as one entity, then one repeatedly hits a wall hard and thick. This is of course true for many but not for all. People with more or less open mentality are in facts everywhere in this world.

Every morning I wake up, slowly tart my daily routine, I take it easy because the flexibility I have is a lot, vacation too (if compared to the Japanese standards). My salary is such that I can live by myself, I often travel, once per year I visit my family in Italy and in Australia, I go out, I have wishes I can satisfy. In these past years the quality of my projects increased, and so did the level of responsibility, skills and experience are now finally rewarded. The workload is high, but for all this there must be a price to pay…
Anyway, in general, such advantageous working conditions are the ones, once used to, harder to detach from.

Japan is a safe country, about delinquency and crime. If bad things happen, those won't harm the citizens whose serenity remains unaltered. Here I can travel alone, I can walk at nights without experiencing dangerous encounters, I can leave my stuff along the roadside and I will always find it there.
Japan is a country where services are expensive (administration, transportation, bureaucracy, and so on) but they work very well.

The fact of being in a place like Japan allows me also to play the card of the lack of language skills: learning Japanese is hard, even the Japanese themselves realize, so I can always rely on someone's help for anything. Which is and is also a factor of frustration, because there's an implicit consciousness that knowing Japanese would help indeed. Even for socializing. And to solve own problems ourselves, all problems.

Wrapping up, pros are many. Perhaps the cons too. And yet, swinging back and forth in here is caused by inertia that decides what side the scale goes to.

3 comments:

  1. Il Giappone mi ha sempre affascinato, ma purtroppo per motivi di ogni genere (inclusa la mancanza di tempo o di compagni di viaggio) non l'ho ancora visitato...

    Onestamente se penso a qualcuno che ha cambiato radicalmente la propria vita come chi ha deciso di trasferirsi in Giappone dall'Italia, l'ultima parola che mi verrebbe in mente è "inerzia".

    Probabilmente è solo che il momento di lasciare il Giappone non è ancora arrivato.

    :)

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  2. Ciao Mari, toglimi una curiosità ma qual'è lo "standard" nelle ferie dei giapponesi?
    tu hai più giorni liberi in quanto straniera o perchè hai trovato un ottimo lavoro?

    roberto

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  3. @gracehkellykitchen11
    Secondo me non devi farti bloccare dalla mancanza di compagni di viaggio...voglio dire, sarebbe meglio andare in compagnia, ma dal punto di vista della sicurezza personale puoi anche andare per conto tuo. Ti auguro di poterci andare un giorno.
    Si, forse non e' ancora il momento di andare,chissa'

    @roberto
    lo standard giapponese e' 10 giorni di ferie all'anno. Io ho un contratto diverso, piu' simile a quelli europei direi, anche se ,purtroppo, questo contratto (come ovviamente quelli giapponesi veri) non prevede ferie per malattia :(

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